I'm not a dumb blonde. I'm just drawn that way

29 novembre 2012

Il diavolo lavora in casa editrice

Sono una divoratrice di libri. Always had, always will.

Quest'anno sto facendo la lettrice settoriale. Ho attraversato la fase (molto lunga) di Song of Ice and Fire, la primavera distopica, l'estate di Larsson, l'autunno delle biografie, ed eccomi pronta per una rinnovata ed intensa fase Japan, in cui mi propongo di completare la spunta degli Haruki Murakami rimasti e di scoprire qualche altro bel romanzo del Paese del Sol Levante. 
 Vado in libreria e noto che, edizione 2010 ristampa economica 2011, c'è "Nel segno della pecora", che addirittura la quarta di copertina definisce "il romanzo che ha rivelato al mondo il genio di Murakami". Imperdibile, ecco il tassello da cui cominciare. Ed effettivamente, attacco a sfogliare le prime pagine già di ritorno verso casa. 

 C'è un protagonista senza nome che sembra aver perso il senso della vita (familiare). Divorzia dalla moglie senza una motivazione precisa, come se fossero semplicemente due barche alla deriva che la corrente allontana inesorabilmente (molto familiare). Un amico d'infanzia del protagonista, anche lui anima inquieta, é partito per un viaggio e gli scrive strane lettere, in una delle quali acclude una fotografia di pecore (Nocera pecore? Sarà un caso!). Da questa fotografia, usata dal protagonista in un servizio pubblicitario, si dipana una matassa di eventi complicatissima: un'organizzazione con a capo il Maestro, ha come simbolo proprio una pecora, ed il nostro si ritrova in breve alla ricerca di questa pacifica bestiola, direzione Sapporo (deve essere proprio una passione di Murakami, l'Hokkaido). Lo accompagna la sua nuova ragazza, con delle orecchie bellissime dai misteriosi poteri (acuto campanello di allarme). I due arrivano a Sapporo, e il sesto senso di lei li guida all'Hotel Delfino. 

NO, FRENA. HOTEL DELFINO???? 

Ed ecco che i pezzi del puzzle combaciano, e ti rendi conto che hai davanti il protagonista di "Dance, Dance, Dance", e quella che lo accompagna, dieci a uno, deve essere Kiki. La pecora ha qualcosa a che fare con l'Uomo Pecora, c'è da scommetterci. 
Così faccio la mia brava ricerchina su Google, e scopro che per quanto in Italia "Dance" sia stato pubblicato nel 2005, e "Nel segno" ben 5 anni dopo, il primo altro non é che il seguito del secondo (frase dal lessico complesso che ben esprime però il modo focale del problema). Mi rileggo la quarta di copertina, per non sbagliare, ma non si fa alcun accenno al fatto che un altro libro già pubblicato dalla stessa casa editrice abbia una connessione con questo. 
 Einaudi nei miei confronti ha dei precedenti simili: vi dice qualcosa la cronologia di pubblicazione delirante delle serie del commissario Adamsberg? 

Ho passato i successivi dieci minuti a ribollire letteralmente di rabbia. Ho amato "Dance Dance Dance", anche se l'ho trovato estremamente complicato e difficile da seguire in certi passaggi: comincio a chiedermi se il motivo non si debba trovare nel fatto che mi mancavano dei dettagli che l'autore, bontà sua, pensava a ragione di avermi già fornito. Non aveva fatto i conti con le scelte di traduzione e pubblicazione italiane. 
Che senso ha pubblicare un sequel prima del suo volume originale? 
Se scegli di tradurre Murakami, lo farai perché riterrai che abbia valenza in quanto autore, e sebbene io possa ipotizzare che "Dance" ti attragga perché ha avuto particolare successo, non potrai certo, cara Einaudi, escludere che ce l'abbia avuto come SEGUITO di qualcosa di altrettanto successo. Praticamente, come cominciare a pubblicare Harry Potter dalla "Camera dei Segreti" perché nel mondo "La Pietra Filosofale" aveva venduto tanto. 
Ma si può?? 

Ho continuato a seguire il viaggio del protagonista con un certo fastidio. Ero contenta di averlo ritrovato, e contemporaneamente non riuscivo a godermi più nulla, mi si mescolavano le impressioni di quel che sarebbe accaduto dopo, e avevo fretta di arrivare alla conclusione per poter finalmente veder riallacciato il filo rosso di questa storia. 
 Certo, la casa vuota nel pascolo non mi ha lasciato un'impressione meno forte, anzi é stato doppiamente impossibile non ricollegare quel senso di oppressione e sottile inquietudine al corridoio buio del Dolphin Hotel, quasi a sancire che solo quel brivido può accompagnare le apparizioni dell'Uomo Pecora e del Sorcio. 
La pendola, la polvere, la musica, la neve: come al solito Murakami trasforma in simboli i suoi piccoli dettagli, e trasforma la realtà in qualcosa di magico e dal valore escatologico. Sono stata triste per il Sorcio, e arrabbiata insieme al protagonista quando mi sono resa conto che era lui l'Uomo Pecora, e che poteva solo essere morto, anche se in grado di farsi salvare dall'amico, e di contrastare il potere della pecora e dell'uomo in nero (il cavo rosso col cavo rosso, il cavo blu col cavo blu...). 

Ma alla fine del libro, quando sono corsa a rileggere tutte le mie impressioni su "Dance Dance Dance", mi é rimontata l'irritazione: era stata una lettura così intensa, chissà quanto più l'avrei trovata completa potendo leggerla alla luce di quello che avevo appena scoperto. Chissà se alla fine quel senso di inquietudine se ne sarebbe andato, oppure se sarebbe stato ancora più forte. 
Gli scheletri, poi, avrebbero finalmente avuto tutti un volto, per me? 

Einaudi, ti biasimo per le tue scelte. E non ti perdonerò mai per avermi anche solo parzialmente rovinato un Murakami!

0 commenti:

Posta un commento

Dì qualcosa di biondo!

© The Blonde Chronicles, AllRightsReserved.

Designed by ScreenWritersArena